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La soppressione degli enti e l’Iva

La soppressione degli enti e l’Iva

La soppressione e la messa in liquidazione di un ente regionale svolgente attività rilevante ai fini Iva, con conseguente cessazione del medesimo, costituisce una destinazione a finalità estranee all’impresa dei beni rimasti di proprietà alla data dell’estinzione e, come tale, deve essere accompagnata dalla procedura di autofatturazione, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’articolo 2, secondo comma, numero 5) del D.P.R. 633/72, assumendo, quale base imponibile dell’operazione, il relativo valore normale. L’indicazione proviene dalla Corte di Cassazione ed è contenuta nella sentenza n. 25503/2023, avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso nei confronti della Regione Sardegna.

Attività non dichiarata: le regole per il ravvedimento

Attività non dichiarata: le regole per il ravvedimento

L’eventuale svolgimento di un’attività comunale rilevante ai fini Iva scoperto solo a posteriori, e che pertanto non sia stato accompagnato dall’osservanza degli obblighi connessi all’effettuazione di operazioni attive imponibili, determina la violazione di diverse disposizioni del D.P.R. 633/72 cui è possibile porre rimedio attraverso il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, ma senza poter beneficiare, in sede di determinazione della sanzione da versare, del cosiddetto“cumulo giuridico”. E’ questa la massima che può essere ricavata dalla risposta n. 450/2023

con la quale l’Agenzia ha affrontato il caso di un soggetto che ha per lungo tempo omesso di applicare l’imposta, in realtà dovuta, di fatto atteggiandosi ad evasore totale del tributo.

Il passaggio alla sfera istituzionale di immobili “ex” commerciali

Il passaggio alla sfera istituzionale di immobili “ex” commerciali

La destinazione alla sfera istituzionale di un immobile comunale impiegato, sino a quel momento, nell’ambito di un’attività rilevante ai fini Iva – e rispetto al quale, all’atto del relativo acquisto, l’ente aveva portato in detrazione l’imposta addebitata in via di rivalsa – produce due effetti diversi e concorrenti, ossia comporta sempre l’applicazione delle regole di tassazione previste in caso di cessione, senza alcun limite di tempo, e, in aggiunta, anche l’obbligo di operare l’eventuale rettifica della deduzione qualora l’estromissione dalla sfera commerciale avvenga nel periodo di tutela fiscale stabilito dall’articolo 19 bis 2 del D.P.R. 633/72. La conclusione che precede è ricavata dalla lettura della risposta n. 431/2023.

La nota di variazione “sana” la doppia fatturazione

La nota di variazione “sana” la doppia fatturazione

La duplicazione della trasmissione al sistema di interscambio della fattura elettronica relativa ad una stessa operazione, causata da uno sbaglio umano, può essere sanata solo attraverso l’emissione di note di variazione a storno, non essendo invece possibile risolvere il problema attraverso l’adozione di comportamenti di fatto tesi a non considerare, in sede di liquidazione periodica, l’imposta applicata in eccesso. L’indicazione proviene dall’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta n. 447/2023.

Ultimi giorni per sanare le violazioni formali

Ultimi giorni per sanare le violazioni formali

Il prossimo 31 ottobre scade il termine per approfittare della possibilità di rimuovere le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o di adempimenti commesse sino al 31 ottobre 2022 ai fini dell’Iva e/o dell’Irap, aventi natura non meramente formale – le quali, cioè, pur incidendo potenzialmente sull’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, non rilevano agli effetti della determinazione della base imponibile o dell’imposta, oltre che del pagamento dei tributi – tramite il versamento dell’importo di 200 euro, o della prima rata, per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni.

L’Iva e l’imposta di soggiorno

L’Iva e l’imposta di soggiorno 

La messa a disposizione di terme e di altri luoghi funzionalmente connessi, da parte di un Comune, non costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 112/2006 – e quindi non può integrare lo svolgimento di alcuna attività economica e, per l’effetto, neppure far sorgere il diritto alla detrazione – qualora l’ente, in base al proprio statuto, riscuota dagli ospiti una somma di denaro a titolo di imposta di soggiorno giornaliera, allorché l’obbligo di tale versamento non sia collegato all’utilizzo di dette strutture, ma alla permanenza nel territorio comunale. Il principio è tratto dalla sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-344/22.