Al via l’Xml che sostituisce l’esterometro

Al via l’Xml che sostituisce l’esterometro

Sommario

A partire dalle cessioni e dalle prestazioni effettuate dal 1° luglio scorso, i dati delle operazioni transfrontaliere attive e passive realizzate da soggetti passivi residenti in Italia – tra i quali figurano, quindi, anche i Comuni – devono essere comunicati singolarmente, ossia con riferimento ad ogni transazione, utilizzando il formato Xml previsto all’interno del provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018, con trasmissione al sistema di interscambio, come già avviene per le fatture elettroniche PA e tra privati.

E’ quindi andato definitivamente in soffitta – scaduta la proroga al 30 giugno 2022 – il cosiddetto “esterometro”, la cui ultima presentazione riguarderà, pertanto, le informazioni relative alle vendite ed agli acquisti conclusi con soggetti non residenti durante il secondo trimestre dell’anno in corso (termine ultimo il 22 del mese di agosto, dal momento che il 31 luglio cade di sabato).

Si ricorda che, ai fini dell’applicazione delle regole previgenti o di quelle vigenti – tra l’altro, sempre il 1° luglio 2022 sono entrate in vigore le specifiche tecniche approvate con il provvedimento del 23 dicembre 2021, n. 374343, il quale ha abrogato il precedente provvedimento del 28 ottobre 2021, n. 293384 – rileva il momento di effettuazione delle cessioni e prestazioni, come definito, ai fini Iva, in generale dall’articolo 6 del D.P.R. 633/72 (e non il momento di esigibilità). 

Inoltre, è opportuno precisare che anche dopo il 1° luglio 2022 sarà comunque possibile continuare ad effettuare l’integrazione cartacea della fattura estera di acquisto, oppure ad emettere autofattura cartacea, sebbene, così facendo, si determini una duplicazione dell’adempimento (al momento, quindi, l’unico obbligo d’integrazione elettronica per assolvere l’imposta riguarda, ex articolo 8 del decreto 21 giugno 2021, l’acquisto di beni da San Marino documentati da e-fattura sammarinese, utilizzando il codice documento TD19).

Lo stesso vale per le operazioni attive, per le quali il documento da consegnare al cliente non residente rimane quello cartaceo.  

Al di là di qualche dubbio operativo, il vero nodo da sciogliere per gli enti non commerciali rimane la possibilità o meno di continuare ad escludere dall’obbligo di comunicazione le operazioni non rientranti nel campo di applicazione dell’Iva per carenza del presupposto soggettivo, vale a dire quelle afferenti alla sfera “istituzionale”.

La situazione sino al 30 giugno 2022  

Come noto, l’articolo 1 del D. Lgs. 127/2015, prevede, con decorrenza 1° gennaio 2019, l’obbligo generalizzato di emissione della fattura elettronica per le operazioni intercorse tra soggetti stabiliti ai fini Iva nel territorio dello Stato, nonché, sino al 30 giugno scorso, quello di presentazione di un’apposita comunicazione (il cosiddetto “esterometro”, appunto) per le operazioni intercorrenti con controparti estere, rispetto alle quali occorre avere riguardo anche al regolamento di attuazione, datato 30 aprile 2018. 

Più precisamente il comma 3-bis del predetto articolo 1 prevede che i soggetti passivi residenti debbano trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate “i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato”.

L’origine e la motivazione di tale adempimento risiedono nel fatto che l’obbligo di emissione della fattura elettronica non era stato inizialmente esteso (e così è rimasto) anche alle operazioni transfrontaliere.    

Per questa ragione, è (o meglio era stato) lo stesso legislatore a stabilire che le operazioni documentate da una bolletta doganale, nonché quelle per le quali siano state emesse o ricevute (volontariamente) fatture elettroniche, non devono essere inserire all’interno di tale comunicazione, in quanto appunto già note all’Amministrazione Finanziaria tramite dichiarazione doganale, ovvero perché veicolate dal sistema di interscambio.

Infatti, il punto 9.4 del succitato regolamento prevedeva la possibilità di evitare l’esterometro ricorrendo all’uso volontario della fatturazione elettronica anche nei riguardi di clienti esteri, stabilendo che “per le sole fatture emesse, le comunicazioni di cui al punto 9.1 possono essere eseguite trasmettendo al sistema dell’Agenzia delle entrate l’intera fattura emessa, in un file nel formato stabilito al punto 1.3 e compilando solo il campo “CodiceDestinatario” con un codice convenzionale indicato nelle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento (XXXXXXX)”.

Per quanto concerne, invece, il lato passivo, l’Agenzia delle Entrate aveva inizialmente escluso (in alcune Faq) la possibilità di sottrarsi all’obbligo dell’esterometro e ciò anche quando il soggetto passivo acquirente del bene o del servizio presso un non residente fosse tenuto ad emettere autofattura per certificare l’operazione ed avesse provveduto adottando il formato elettronico strutturato.

Tutto ciò, ovviamente, salvo che ad emettere la fattura elettronica (di vendita) non fosse stato lo stesso cedente o prestatore non residente, il quale, sebbene non stabilito in Italia (e quindi non obbligato alla fatturazione elettronica), decidesse di utilizzare ugualmente il sistema (dotandosi di una partita Iva italiana).

Sennonché, in un secondo momento – segnatamente nella circolare 14/2019 – la stessa Agenzia aveva affermato testualmente che “in caso di autofattura per acquisti da soggetti non residenti o stabiliti nel territorio dello Stato (ad esempio, acquisti di servizi extra UE…), in luogo dell’esterometro è possibile emettere un autofattura elettronica compilando il campo della sezione “Dati del cedente o prestatore” con l’identificativo Paese estero e l’identificativo del soggetto non residente/stabilito; nei “Dati del cessionario/committente” vanno inseriti quelli relativi al soggetto italiano che emette e trasmette via SdI il documento e compilata la sezione “Soggetto Emittente” con valorizzazione del codice “CC” (cessionario/committente)”.

Pareva quindi di capire – volendo provare a conciliare, comunque, le diverse indicazioni fornite dal fisco – che  l’uso volontario dell’autofattura elettronica via SdI, in caso di operazioni di acquisto presso soggetti non stabiliti/residenti (sia che si trattasse di un documento creato ai fini dell’integrazione della fattura estera del fornitore UE di beni e/o servizi, piuttosto che di un’autofattura vera e propria emessa a fronte di servizi, o di beni situati in Italia, acquistati presso un fornitore extra UE),  non avrebbe in sé potuto surrogare l’invio dell’esterometro, a meno di non compilare l’autofattura con i dati anagrafici del cedente o del prestatore estero e valorizzando la sezione “Soggetto Emittente” con il codice “CC”.

Tale “soluzione” era stata poi confermata in sede di commento all’introduzione dei nuovi “tipi documento”, all’interno del tracciato della fatturazione elettronica, approvati con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 99922 del 28 febbraio 2020.

Infatti, l’ivi acclusa guida precisava, quanto al codice TD17 (denominato “integrazione della fattura di acquisto di servizi dall’estero o autofattura”) che il committente doveva integrare il documento ricevuto (nel caso di servizi intraUE) o emettere un’autofattura (nel caso di servizi extraUE) per indicare l’imposta a debito potendo assolvere tale adempimento attraverso la predisposizione e trasmissione, tramite SdI, di un documento ad integrazione della fattura ricevuta dal soggetto passivo UE (o di un’autofattura, se extra UE) con utilizzo, appunto, di tale specifico codice.

Il suddetto documento – per il quale veniva consigliata l’adozione di una numerazione progressiva ad hoc – era recapitato al solo soggetto nazionale e doveva contenere:

  • nel campo del cedente/prestatore: i dati del prestatore estero con l’indicazione del paese di residenza dello stesso;
  • nel campo del cessionario/committente: i dati del committente che effettua l’integrazione o emette l’autofattura;

Le stesse istruzioni avvertivano che:

  • il campo dedicato alla data doveva (sino al 30 giugno scorso) essere valorizzato con quella di ricezione (o comunque una data ricadente nel mese di ricevimento della fattura emessa dal fornitore estero), nel caso di emissione del documento integrativo relativo all’acquisto di servizi intraUE ovvero con quella di effettuazione dell’operazione, nel caso di emissione dell’autofattura relativa all’acquisto di servizi extra-UE o da prestatore residente nella Repubblica di San Marino o nello Stato della Città del Vaticano 
  • il committente nazionale poteva (sino al 30 giugno scorso) evitare la trasmissione del file con codice TD17 procedendo all’integrazione manuale della fattura o all’emissione di un’autofattura cartacea o elettronica extra SdI, ma, in tal caso, risultava obbligato a comunicare i dati dell’operazione ricevuta dal fornitore estero, integrati con quelli dell’imposta, tramite l’esterometro.

La novità dal 1° luglio 2022

L’articolo 1, comma 3-bis, del D. Lgs. 5 agosto 2015, n. 127 – come risultante al termine delle varie modifiche apportate in ordine di tempo – prevede, con riferimento alle cessioni ed alle prestazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, che i dati relativi alle operazioni transfrontaliere siano trasmessi esclusivamente utilizzando il Sistema di interscambio ed il formato del file fattura elettronica, con termini differenziati a seconda che si tratti di fattispecie attive o passive.

Più in dettaglio, il punto 9 del regolamento di attuazione n. 89757 del 30 aprile 2018 stabilisce che “Con riferimento alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute dal 1° gennaio 2022, verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, gli operatori IVA residenti trasmettono i dati all’Agenzia delle entrate utilizzando il formato previsto al punto 1.3 del presente provvedimento e inviando i file al Sistema di interscambio secondo le regole di compilazione previste dalle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento”.

Così come accadeva per l’esterometro, l’obbligo di trasmissione del file Xml non sussiste con riguardo alle operazioni certificate da bolletta doganale o da fattura elettronica in formato Xml transitata dallo Sdi, nonché a quelle che non rilevano a fini Iva in Italia per carenza del requisito territoriale e che non superano, come valore, la soglia di 5 mila euro cadauna. 

Si tratta, quanto a queste ultime, di acquisti di beni e di servizi presso un fornitore non residente – che non determinano la necessità di integrare il documento passivo ricevuto, ovvero che non comportano l’emissione di un’autofattura – per i quali mancano i presupposti impositivi previsti dagli articoli da 7 a 7-octies del D.P.R. 633/72 (come si verifica, ad esempio, per le prestazioni relative ad immobili situati in territorio straniero, oppure in caso di acquisto di carburanti o di pernottamenti all’estero). 

Il nuovo adempimento comporta anche l’abbandono, per le operazioni che si considerano effettuate dal 1° luglio 2022, dei codici “Tipo documento” riservati all’esterometro (ad esempio TD10 per la fattura d’acquisto intracomunitario o TD11 per la fattura d’acquisto dei servizi intracomunitari). 

I codici «Tipo Documento» da utilizzare sono infatti i seguenti:

  • TD01 per la fattura attiva verso il non residente;
  • TD17 per l’integrazione della fattura passiva per i servizi intra Ue o per autofattura per servizi extra-Ue;
  • TD18 per l’integrazione della fattura intra UE di acquisto di beni;
  • TD19 per l’acquisto di beni già esistenti in Italia da soggetto non residente (Ue o extra-Ue).

Per quanto concerne i tempi di invio al sistema di interscambio del file Xml, la situazione cambia a seconda che si tratti di operazioni attive o passive. 

Per il ciclo attivo, il termine coincide con quello di “emissione delle fatture” o “dei documenti che ne certificano i corrispettivi”, con la conseguenza per cui il file con i dati da comunicare (si dovrà utilizzare il tipo documento TD01, indicando nel campo «CodiceDestinatario» il codice «XXXXXXX», esattamente come si faceva sino al 30 giugno 2022 al fine di evitare l’invio dei relativi dati tramite l’esterometro) dovrà essere generato e trasmesso allo Sdi entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione, determinata a norma dell’articolo 6 del D.P.R. 633/72.

Si ricorda che, in questi casi, il sistema non invia nulla al cliente estero, in quanto il file si ferma all’agenzia delle Entrate.

Sul versante degli acquisti, invece, la scadenza di invio del file con i suddetti codici TD17, TD18 o TD19 è stabilita dal legislatore nel giorno 15 “del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione”. 

Integrando il dato normativo con quanto indicato nelle specifiche tecniche approvate con il provvedimento del 23 dicembre 2021, n. 374343 – relativamente alla compilazione del campo Data – si perviene alla conclusione che il predetto termine opera per i servizi intracomunitari ricevuti (codice TD17), per gli acquisti intracomunitari di beni (codice TD18) e per gli acquisti di beni già in Italia da soggetti Ue (codice TD19).

Diversamente, il termine diventa il giorno 15 del mese successivo a quello di “effettuazione dell’operazione” in caso di servizi ricevuti da soggetti extra-Ue (codice TD17) e di acquisti di beni già in Italia da soggetti extra-Ue (codice TD19).

Quanto ai servizi ricevuti da fornitori non unionali si ricorda che, se di natura “generica”, rileva l’ultimazione degli stessi (e non il pagamento), ai sensi del sesto comma dell’articolo 6 del D.P.R. 633/72. 

Al riguardo, ci si chiede – in attesa dei necessari chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate- se come data di tale evento (ovviamente quando non conosciuto dal committente nazionale) possa assumersi quella stessa di emissione della fattura da parte del prestatore extra UE.

Commento: il dubbio “storico” per i Comuni 

L’abrogazione dell’esterometro rinnova un interrogativo, in ambito comunale, dovuto all’assenza di chiarimenti ufficiali riguardo al riferimento letterale operato dal comma 3-bis dell’articolo 1 del D. Lgs. 127/2015 ai “soggetti passivi” residenti.

Infatti, ci si è sempre domandato se fosse corretto limitare l’adempimento dei Comuni, dal lato passivo, ai soli acquisti effettuati nell’ambito della propria sfera commerciale.

La già menzionata circolare n. 14/2019, infatti, ha espressamente escluso da tale incombenza solo coloro che, pur essendo soggetti passivi residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, non sono al contempo obbligati alla fatturazione elettronica tramite sistema di interscambio, senza nulla dire in merito agli enti non commerciali in generale.

Per gli enti locali, quindi, è rimasto l’interrogativo, almeno teorico, sugli acquisti effettuati nella veste di consumatore finale, ossia al di fuori dell’esercizio di attività rilevanti.  

L’Agenzia non ha però mai affrontato questa particolare ipotesi, col risultato finale di lasciare gli enti locali “appesi” unicamente all’osservazione dell’esclusione riconosciuta alle (sole) attività istituzionali nell’ambito dell’abrogato spesometro di cui all’articolo 21 del D.L 31 maggio 2010, n. 78.

L’eliminazione dell’obbligo dell’esterometro reca quindi con sé un dubbio interpretativo tale per cui:

  • se a prevalere fosse la funzione meramente “sostitutiva” dei documenti inviati tramite SdI, dovrebbe concludersi in favore di una uniformità di trattamento (cioè, detto in altri termini, se era corretto includere nell’esterometro i dati relativi ai soli acquisti riguardanti la sfera commerciale, altrettanto dovrebbe valere per l’invio attuale del formato Xml, nel senso di negarne l’obbligo a fronte di operazioni concernenti l’ambito istituzionale);
  • se si osserva la norma interna che costituisce la “fonte” giuridica dell’obbligo di versare l’Iva italiana, posto in capo agli enti di cui al quarto comma dell’articolo 4, a fronte di determinati acquisti all’estero di beni e servizi relativi alla sfera non commerciale  – vale a dire l’articolo 30-bis del D.P.R. 633/72 – potrebbe doversi arrivare ad un’altra conclusione, atteso che è proprio tale disposizione a prevedere l’obbligo di integrare la fattura UE “istituzionale” (o di emettere autofattura, in caso di transazioni con operatori extra-UE).